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40 | saggio critico sul petrarca |
tete sorprendere ne’ migliori poeti lirici, il Petrarca cade in tutti i difetti della scuola, spesso imitando o copiando il tale o tal trovatore. Si abbandona a ragionamenti, che talora volgono in sottigliezze o in sofisticherie. Nelle migliori canzoni, trovi intere strofe, che sono un prosaico discorrere verseggiato. In luogo di rappresentare i suoi sentimenti, li analizza; e, dotato come è di una intelligenza sottile, vi sofistica su. Ancora non contento della materia che gli offre il soggetto naturalmente, e cercando di renderla poetica, ricorre volentieri alle allegorie ed alle personificazioni. Nella prima canzone1
Nel dolce tempo della prima etade, |
vuol fare la storia del suo amore. Ed è poetico, quando dipinge senza veste dí allegoria il suo stato anteriore:
Lagrima ancor non mi bagnava il petto Né rompea il sonno; e quel che in me non era, Mi pareva un miracolo in altrui. Lasso, che son? che fui? |
La calma giovanile è rappresentata in modo che vi fa intravedere le agitazioni presenti; perché quel «non ancora» vi mostra che ora le lagrime bagnano il petto e rompono il sonno: è lo stato anteriore descritto col turbamento dello stato presente; quel non concepire in altri ciò che non era in lui è l’anima inesperta del giovine, còlta in atto; e accanto a quella gaja spensieratezza di allora si drizza subito il presente nella sua impazienza, con una improvvisa e patetica interrogazione: «Lasso, che son? che fui?». Questo ci fa giá presentire il gran poeta. Ma ecco sorgere l’allegoria che guasta questo bel principio, e ci fa dire col Petrarca: «La vita il fine, e il di loda la sera». Il principio ci fa dire: — Oh che bella canzone che la dovrá essere questa! — . Ma attendete il fine. Il poeta vuol dire che s’innamorò di Laura; e dice che fu trasformato in un
- ↑ Firenze, pe’ tipi di Le Monnier, i826.