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44 saggio critico sul petrarca


Vuoi anche tu sputar la tua sentenza sulla tomba di una bella giovinetta? ed il Petrarca viene al tuo soccorso:

                                    Cosa bella mortai passa e non dura.      
Ti vuoi lamentare di una donna infedele? E troverai nel Petrarca:
                                         Femmina è cosa mobil per natura;
Ed io ben so che l’amoroso stato
In cor di donna picciol tempo dura.
     
Ce ne sono infiniti di cosí fatti, divenuti proverbii e luoghi comuni. Questo non è il difetto, ma la qualitá dell’ingegno del Petrarca, come di Tacito o di Seneca. Ma diviene difetto, quando le idee non sbalzan fuori per interno calore, ma sono cercate e lambiccate per uno sforzo di riflessione. Parlando degli occhi di Laura, dice:
                                                             ove il piacer s’accende,
Che dolcemente mi consuma e strugge.
     

E una idea che sgorga da un impeto d’entusiasmo, espresso con calore e veritá. Quel «s’accende» ti mostra il brillare voluttuoso degli occhi; quel «consuma e strugge» ti presenta l’intensitá e la durata della passione; e quel «dolcemente» è il «contento nel fuoco» di Dante, è la grazia che abbellisce il soffrire, un dolce penare. In un altro momento vuol dir lo stesso, ma non trova in sé piú quell’entusiasmo, e s’ajuta con la riflessione, e sofistica. Dice che i raggi ardenti di quegli occhi lo disfarebbero come neve, se non fosse la paura di offenderli, che agghiaccia il sangue nel punto che esce con troppa velocitá:

                                         Dunque, ch’i’ non mi sfaccia,
Sí frale oggetto a sí possente foco,
Non è proprio valor che me ne scampi:
Ma la paura un poco.
Che ’l sangue vago per le vene agghiaccia,
Risalda ’l cor, perché piú tempo avvampi.