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68 | saggio critico sul petrarca |
É un si ed un no, un voglio e non voglio:
Io medesmo non so quel ch’io mi voglia. |
Questo amore è dunque la prima pagina di un romanzo; ci manca il romanzo o la storia. Perché si ha storia, quando i fatti generano fatti, quando i sentimenti si sviluppano e, giunti all’ultima intensitá, si trasformano in sentimenti d’altra natura. Qui hai una folla di piccoli accidenti, staccati, l’uno fuori dell’altro: i fatti variano, il fondo rimane lo stesso. Parimente i sentimenti restano sterili, ciascuno chiuso in sé, senza progresso o connessione; si cambiano, si ripetono, secondo l’umore e gli accidenti. Trovi un’anima abbandonata alla corrente, che va in qua e in lá sdrucciolando, e mai non è che si fermi con forza propria, con un voglio virile. Ma i critici sono come i metafisici, che in mezzo alle stravaganze e agli accidenti del mondo si studiano nella loro impazienza di metterci essi un po’ d’ordine; e, quando i fatti ripugnano, se la pigliano con Dio; e: — Se io fossi stato Domineddio, avrei saputo far meglio — . Di buon’ora i critici si sono industriati ad ordinare le poesie del Petrarca meglio ch’egli non avea fatto; e, appunto perché quest’ordine è impossibile, non trovi due che siano d’accordo. Quando poi, progredita la critica, dall’ordine materiale ed esteriore si passò all’ordine interno del contenuto, nacque facilmente l’illusione che ci potesse essere un nesso in queste espansioni amorose. Confesso umilmente ch’io ho avuto questa illusione nei miei giovani anni, e che esponendo il Canzoniere mi parea di avere trovato un filo logico, un prima e