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72 | saggio critico sul petrarca |
fezione morale, onestá, castitá, purezza, umiltá, eco. Ecco un sonetto a contrasti, che è il compendio delle virtú di Laura:
In nobil sangue vita umile e queta. Ed in alto intelletto un puro core; Frutto senile in sul giovenil fiore, E ’n aspetto pensoso anima lieta. Raccolto ha ’n questa donna il suo pianeta, Anzi ’l re delle stelle; e ’l vero onore, Le degne lode e ’l gran pregio e ’l valore, Ch’è da stancar ogni divin poeta. |
Queste qualitá sono assolutamente inestetiche, perché fuori della forma; ed ogni poeta ci si stancherá inutilmente attorno. Laura non può essere poetica che come bella; ma la bellezza era anche concepita secondo un tipo prestabilito. Nello spiritualismo cristiano e platonico il bel corpo è il velo, l’ombra, come dice energicamente Dante, la corruscazione dell’anima. Nel Convito di Dante è esposta questa dottrina con tanta precisione e convinzione, che ben mostra con quali preoccupazioni filosofiche si poetava. Il Petrarca era zelantissimo di Platone e devoto al cristianesimo ancor piú di Dante: sicché s’incontrano nella stessa dottrina.
I due poeti toscani hanno dato a questo concetto tutta quella realtá poetica di cui era capace. Mirano a questo, che il lettore non si arresti nell’immagine, ma l’oltrepassi, rimanendo come dolcemente naufragato in un vago indefinito. Ci è nella bellezza corporale un certo non so che, visibile ma intangibile, che sta nel corpo e appare come un di lá del corpo, senza contorni né determinazioni, di una natura cosí eterea e vaporosa che ci dá una prossima immagine dell’anima: la qual vista opera sull’immaginazione di modo, che il corpo ti si spoglia innanzi di ogni parte terrea e greve, divenuto spirituale, voglio dire simile ad un fantasma, ad un’ombra. Tale è la luce serena dell’occhio, la dolcezza del guardare o della parola o del riso, il foco amoroso del sospiro, lo svolazzar delle chiome la leggerezza o la maestá dell’incesso, questo o quello atteggiarsi