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DELLE DONNE | 63 |
leggi, le donne sono costrette a cedere ai vincitori, non per ragione di natura, ma per consuetudine, educazione e per tirannia delle circostanze». E queste opinioni l'Agrippa non lascia che si dubiti aver egli espresse per bizzarria o per gioco dialettico, ma «per amor del vero, affine di non commettere un sacrilegio, togliendo, anche soltanto col silenzio, al sesso femminile le lodi che si merita»[1].
In Francia, dove per la stessa galanteria di quel popolo, le donne ebbero sempre consentita dall'opinione una grande autorità nella vita privata, e non piccola importanza anche nella vita pubblica, le opinioni degli scrittori sono sempre state per verità più divise che altrove circa i diritti e i meriti di quel sesso. Il celebre Menagio, seguendo l'esempio del Boccaccio, scriveva nel 1690 la sua dottissima Storia delle filosofesse[2]. Ma le soverchie pretese di talune donne sia nelle lettere e nelle scienze, sia nella politica diedero in Francia non rade volte occasione a sarcasmi ed umilianti rampogne per parte di moralisti e letterati, zelatori dell'ordine e del costume. Pur troppo noi troviamo i primi precursori delle moderne dottrine prudoniane nei più bei nomi letterari della Francia del gran secolo. Molière e Boileau sono in quel novero. Molière non è troppo favorevole alle donne in molte sue commedie, e specialmente nella Ecole des femmes, e nelle Femmes savantes, nella quale ultima si leggono i ben noti versi:
Nos pères sur ce point étaient gens bien sensés;
Qui disaient qu'une femme en sait toujours assez
Quand la capacité de son esprit se hausse
A connaìtre un pourpoiut d'avec un haut de chausse;
Les femmes d'à présent sont très loin de ces moours,
Elles veulent écrire et devenir auteurs.
(Atto 2°, scena 7).