Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 2.djvu/334

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montorio Sacro sia distante da Gadi la navigazione di cinque giorni, mentre non v’hanno nel vero più che mille settecento stadii: che quivi finisca il flusso e riflusso del mare, il quale per lo contrario succede in tutta quanta la periferia della Terra abitata: e finalmente che sia più agevole il passare dall’Iberia nella Celtica per terra nelle parti settentrionali, di quello che navigando sopra l’Oceano1. E in generale (dice Artemidoro) Eratostene asserisce il falso dovunque presta fede a Pitea, autore sfrontatamente bugiardo. Ma Omero che molto seppe e molto narrò ci dà a conoscere che non gli furono ignote nemmanco queste regioni, qualora noi vogliamo dirittamente considerare le opinioni di tutti coloro che hanno interpretate le sue parole, dei quali gli uni più, gli altri meno s’accostarono al vero nell’intendere ciò ch’egli ne dice. Meno accostaronsi al vero coloro i quali credono ch’egli considerasse Tartesso come l’ultimo punto occidentale, dove in grembo all’Oceano

La splendida cadea lampa del sole,
L’atra notte traendo su la terra2.

Ora egli è manifesto che la notte è di mal augurio e di natura consimile all’Orco, e questo al Tartaro; e però congetturano alcuni che avendo Omero sentito far menzione di Tartesso, di qui abbia denominato poi Tartaro il più profondo dei luoghi che si trovan sotterra; poi, conservando il costume poetico, vi abbia aggiunte le

  1. Nihil habeo, dice il Casaub., quo locum hunc emendem.
  2. Iliad., lib. VIII, v. 485.