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parte dell’alburno. Fanno quel che farebbe un tale che per non lasciar impoverire un terreno da una coltivazione togliesse la superficie del campo nella quale stanno i semi. La superficie seminata, nelle piante, è l’alburno.

Osserviamo una pianta deperita e morta lentamente al posto. In essa come già feci notare al § 29, il legno, a parità di volume e secchezza, pesa assai meno di quello delle piante tagliate ancor viventi; non è atto alle costruzioni, avendo perduto in tutto od in parte la coesione delle proprie fibre; e finalmente, abbrucia con difficoltà, da poca fiamma, e lascia un minor residuo di ceneri.

Tutti questi fenomeni aumentano in ragione della durata e dell’intensità del deperimento.

Quale altra causa dovremo accusare di questa consumazione del legno se non l’ultima vegetazione, quando le radici erano guaste od impossibilitate a trar nuovi alimenti dal terreno, ossia la nuova produzione compiutasi a spese della già esistente? — La diminuzione ultima di peso proviene dalla materia convertita in foglie, le quali poi si staccano dalla pianta. — Che il legno, quando per una causa qualunque nulla più riceve dal terreno, converta la propria sostanza a nutrire la nuova vegetazione possiamo riscontrarlo con molta evidenza in quelle piante, nel cui centro de’ rami o del tronco la sostanza legnosa siasi già molto decomposta. In tal caso non è raro vedere germogli che introducono le loro radici nel legno decomposto, come se fosse terreno. Veggasi anche quanto già si disse al § 29 a proposito delle piante cui si leva un largo anello di corteccia un anno prima del taglio, allo scopo di ottenere un legname che si conserva più a lungo. Solo ora aggiungo che una pianta in tal condizione io la considero come una pianta tagliata ancor vivente nella quale continui la sola facoltà assorbente dell’umidità.