Pagina:Gavuzzi - L'Adramiteno e le Favole di Esofago, Torino, Fontana, 1828.pdf/94

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zione di questo tuo affare. Anderò al formicajo, chiamerò settantamila dei nostri, faremo una breccia nel sacco, il grano anderà molendo 27 per la strada, e sarai appena alla metà del viaggio, che il sacco sarà quasi vuoto. Il padrone non se ne accorgerà, perchè il bujo della notte favorirà assai l’impresa; ed in tal guisa sarà la tua fatica alleggerita. Noi questo lo possiam fare in coscienza, perchè siamo deputate alla colletta del grano per l’ospedale dei semplici d’Acquileja, ed abbiamo la patente d’invigilatori degli sfrosi 28. Così avvenne. Giunse il ladro coll’Asino al ripostiglio, e siccome l’alba del giorno spuntava in ogni parte, cominciò ad osservare il sacco, e vedendolo esinanito, e floscio, gli disse: povero sacco, tu hai patita la serena 29, e la frescura della notte. Or ora ti metterò al coperto. Stende ambedue le braccia, indi le curva per prenderlo, e caricarselo indosso. Ed ecco, che il sacco gli resta tutto raccolto nelle pugna. A questa vista credette il ladro, che la Dea Cerere avesse ripudiata l’eredità paterna, e che per reintegrare il suo dovario 30, avesse voluto esigere il grano del comparto 31: poi cominciò a prendersela coll’Asino, perchè non avesse fedelmente custodito il corpo del delitto. Seguirono fra essi diverse altercazioni, talchè erano in procinto di venir alle mani. Alfin l’Asino fece quest’argomento: quando l’Asino fu incaricato di portar il grano, la bersacca 32 era piena: atqui l’ambasciator non porta pena; ergo il torto non è dell’Asino, ma di chi lo mena. Il ladro rispose: questo è un caso della legge Ubena: epperò mi riservo di consultarlo col poeta