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capitolo decimoquinto 159


Specchio vivo e sincero delle classi politiche di un paese è la letteratura volante delle effemeridi. A niuno è ignota la violenza maledica e fanatica dei giornali retrivi e gesuitici d’Italia e di Francia; ma i liberali nostrani di repubblica e di municipio, imitandoli, non hanno garbo a biasimarli. Essi furono i primi che introdussero fra noi la brutta usanza di denigrare i galantuomini e i valentuomini sui fogli pubblici : gli uni spargendo a piena mano l’infamia contro il re e l’esercito liberatore, gli altri sfogando la loro collera contro i nemici della mediazione e i fautori del regno italico. Né solo si usarono tali arti nel biasimo ma eziandio nella lode, levandosi alle stelle uomini indegni per mente e per animo della stima pubblica, giustificandosi le piú brutte e colpevoli azioni, abusandosi la lealtá generosa (e talvolta troppo generosa) degli avversari, celebrandosi «i lunghi e grandi meriti» di tale che ebbe le prime parti nelle piu gravi calamitá della patria. Vogliam credere che fossero sinceri gli elogi dati a re Carlo Alberto esule e defunto, come campione d’Italia ed eroe dell’indipendenza, da coloro che aveanlo bistrattato vivo, quando metteva mano alla nobile impresa? o non erano le lodi postume suggerite dal desiderio di ostentar sensi nobili fuor di pericolo e di addossare ai vivi i falli del trapassato? Cosi la stampa, che dovrebbe essere incorruttibile interprete della veritá, banditrice del merito, tutrice dell’ innocenza e della giustizia, fece spesso contrario effetto e in vece ili essere scuola di sapienza e strumento di salute cooperò non di rado ad accrescere la follia delle sètte e i mali della nazione.

Poco migliore fu l’uso che si fece degli onori, dei gradi, delle ricompense. Non parlo dei puritani che, essendo stati poco in sella, non ebbero campo di mostrare da questo lato la loro virtú. La monarchia civile, giusta i municipali, dee essere un «peso per molti e una festa per alcuni»1, come la vita secondo gli egoisti; onde sogliono farne incetta, quasi fosse una lor masserizia, uccellando ai nastri, alle provvisioni, alle cariche,



  1. Manzoni, I promessi sposi, 22.