Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 2, 1911 - BEIC 1832860.djvu/396

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sorretti, avvalorati dal principe. Solo il principe può vincere quegli ostacoli moltiplici e fortissimi che ho annoverati, può espugnare la pervicacia di molti e conquidere gli oppositori, giacché in Piemonte per le invecchiate abitudini la piú efficace ragione è la volontá di chi regna/Fra coloro che lodano Vittorio della sua riserva politica, non tutti il fanno per amor del bene, ma perché temono che, rimettendone, non sia per opporsi ai lor fini faziosi. Essi mirano a far dello Stato un’oligarchia incettatrice, che governi e goda sotto nome del principe. Gli stessi ministri possono poco quando non vanno ai versi di cotal setta; e il lettore dee averlo notato assai volte nel corso de’ miei racconti. Ma quando gli eletti sieno uomini nazionali e che si sappia da tutti che esprimono il fermo e risoluto volere del capo, i contrasti cesseranno o saranno piú superabili. Né egli sará solo, ma avrá seco tutti i buoni italiani delle altre provincie. Imperocché le sventure passate e presenti le addottrinarono, e coloro, che dianzi per uggia invidiosa di municipio astiavano il regno nuovo e ne straziavano i fautori sotto nome di «alberasti», levano ora lo sguardo al Piemonte come a vessillo di redenzione. Avrá seco i popoli subalpini, i quali gli saranno tanto piú infervorati quanto che sin d’oggi lo amano come re popolare, essendo egli il primo della sua casa che, deposto il fasto regio, non rifiuti di trattenersi alla domestica coi poveri e cogl’infelici; ottimo preambolo per un principe democratico. Avrá quanti sono in Piemonte amatori, non in parole ma in opere, della patria comune, i quali oggi possono poco, perché mancano di un centro intorno a cui si raccozzino. Avrá, se non tutto il parlamento, almeno la parte piú generosa e liberale di esso, la quale non può trovare un segno piú acconcio a cui rannodarsi che l’idea nazionale rappresentata dal principe. Io vorrei che gli opponenti, dismesse le quistioni e le gare di minor rilievo, rivolgessero le loro cure, gli studi, gli sforzi all’apparecchio egemonico, servendosi di esso quasi di giudicatorio per fare stima della bontá o reitá, della perizia o insufficienza dei rettori, e quindi sostenerli o combatterli. Cosi la Camera eserciterebbe l’indirizzo dell’egemonia patria, e il principe le darebbe il piú