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612 | ATTO TERZO |
Truffaldino. (Per amor del cielo, no la nomina Pasqual). (piano a Beatrice)
Beatrice. Orsù, io andar dovrei dal signor Pantalone de’ Bisognosi; vi sentireste voi di venir con me? (a Florindo)
Florindo. Ci verrei volentieri, ma devo attendere un banchiere a casa. Ci verrò più tardi, se avete premura.
Beatrice. Sì voglio andarvi subito. Vi aspetterò dal signor Pantalone; di là non parto, se non venite.
Florindo. Io non so dove stia di casa.
Truffaldino. Lo so mi, signor, lo compagnerò mi.
Beatrice. Bene, vado in camera a terminar di vestirmi.
Truffaldino. (La vada, che la servo subito). (piano a Beatrice)
Beatrice. Caro Florindo, gran pene che ho provate per voi. (entra in camera)
SCENA X.
Florindo e Truffaldino.
Florindo. Le mie non sono state minori. (dietro a Beatrice)
Truffaldino. La diga, sior patron, no gh’è Pasqual; siora Beatrice no gh’ha nissun che l’aiuta a vestir: se contentelo che vada mi a servirla invece de Pasqual?
Florindo. Sì, vanne pure; servila con attenzione, avrò piacere.
Truffaldino. (A invenzion, a prontezza, a cabale, sfido el primo sollicitador1 de Palazzo). (entra nella camera di Beatrice)
SCENA XI.
Florindo, poi Beatrice e Truffaldino.
Florindo. Grandi accidenti accaduti sono in questa giornata! Pianti, lamenti, disperazioni, e all’ultimo consolazione e allegrezza. Passar dal pianto al riso è un dolce salto che fa scordare gli affanni, ma quando dal piacere si passa al duolo, è più sensibile la mutazione.