Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu/411

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Lelio. Che avete che smaniate?

Florindo. Gran caldo.

Lelio. Amore vi fa arder davvero.

Florindo. Oh amico, non conoscete il mio fuoco, e per questo ve ne ridete.

Lelio. No, no, vi compatisco. Anzi, per consolarvi, solleciterò quanto sia possibile le vostre nozze. Ora vado da Beatrice, e se ella non s’oppone, questa sera vi fo dare la mano.

Florindo. (Povero me, se la signora Rosaura sa questa cosa, che dirà mai!) (da sè) Caro amico, vi prego di una grazia, di quest’affare non ne parlate a nessuno.

Lelio. No? Per qual causa?

Florindo. Ho i miei riguardi a far che non si sappia. A Venezia non ho scritto niente; se mio zio lo sa, gli dispiacerà, ed io non lo voglio disgustare. Le cose presto passano di bocca in bocca, e i graziosi si dilettano di scriver le novità.

Lelio. Finalmente se sposate mia sorella, non ha gran dote, ma è di un sangue degno di voi.

Florindo. Sì, tutto va bene; ma ho gusto che non si sappia.

Lelio. Via, non lo dirò a nessuno.

Florindo. Mi fido di voi.

Lelio. A Beatrice lo posso dire.

Florindo. Neppure a lei.

Lelio. Oh diavolo! Non lo dirò alla sposa? La sarebbe bella!

Florindo. S’ella lo sa, in tre giorni lo sa tutta Bologna.

Lelio. Eh via, spropositi. Amico, siate allegro, non vedo l’ora che si concludano queste nozze; non vedo l’ora di vedervi felice, di vedervi contento. (parte)

SCENA X1.

Florindo solo.

Bella felicità, bellissima contentezza! Oh me infelice, in che impegno mi trovo! Per soccorrer l’amico lascio la lettera sul ta-

  1. Vedi a p. 343.