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Pagina:Grammatica italiana, Fornaciari.djvu/231

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uso delle enclitiche co’ verbi 197

potèndo partire. L’imperativo, se preceduto da negazione, suole per regola anteporre le particelle: p. es. non lo mangiáre, non lo facciámo: non ci guastiámo: non ve n’andáte.


§ 3. Nel verso e nella prosa più eletta le particelle si possono affiggere al verbo anche in altre persone od in altri tempi oltre quelli indicati, come si trova frequentemente praticato dagli scrittori antichi. È molto comune anch’oggi affiggere il si alle terze persone singolari e plurali, p. es. dícesi, tiénsi, vòglionsi, credévasi, ecc. Meno usati sono i modi simili ai seguenti: crédolo, fássene (se ne fa), diròttelo (te lo dirò), faròllo, percoterácci (ci percoterà), ecc. e nel passato remoto leváimi, e contratto levámi; riféimi, rifémi; rendèile grázie (vedi Parte I, cap. viii, § 11). Avvertasi però di fare il troncamento dove si può, secondo le regole date. Parte I, cap. x, § 9 e 10, eccettuato il caso che all’o finale precedano due n, che allora il troncamento non è d’obbligo: p. es. stánnosi e stánsi; ameránnoti ed ameránti, ecc.


§ 4. Nei tempi composti cogli ausiliarii avére od èssere le particelle si premettono o si attaccano agli ausiliarii stessi, sempre colle regole date sopra; p. es. si è svegliáto, lo èbbe vísto, lo avrái détto, essèndosi provvedúto, avérlo udíto, ti sarà státo détto, ecc.


§ 5. Quando un verbo di modo infinito dipende da un altro verbo senza l’intermezzo di veruna preposizione nè espressa nè sottintesa, le particelle unite coll’infinito possono invece trasportarsi al verbo reggente; e talora anche dopo le prep. a o di: p. es. pòsso fárlo o lo pòsso fáre; vogliáte perdonármi o vogliátemi perdonáre, véggo vestírti o ti véggo vestíre: vádo a prènderlo o lo vádo a prèndere: finísco di lèggerlo o lo finísco di lèggere. Fáre e lasciáre attraggono, per regola, le particelle dell’infinito: égli mi láscia vestíre e non già láscia vestírmi, fámmelo lèggere e non fa lèggermelo.