Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/136

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116 illustri italiani

a varj e contrastanti colori. Egli tenero padre; egli affabile, cortese, benevolo verso i dipendenti; egli magistrato integerrimo: se, come marito, più biasimo meriti o compassione mal si potrebbe chiarire. Ne’ litigi col fratello e col nipote mostra aver anzi patito che fatto torto. Dall’epistolario appare come fosse domestico coi personaggi più cospicui. Quanto favoreggiasse gl’ingegni lo dicono i versi che la gratitudine ispirò a Catullo, che è da credere non fosse il solo da lui beneficato. La casa apriva ai letterati d’ogni paese; e le sue ville, per la quantità e la fama degli ospiti, prendeano sembianza delle filosofiche scuole d’Atene. La sua propensione a lusingare i potenti, la non dissimulata avidità d’applausi, uno o due casi ove sembra procedesse disonestamente, formano ombra alla sua bella fisionomia.

In fondo non era peggiore dei tanti suoi amici, fra i quali vogliami distinguere Lucullo e Pomponio Attico. Lucullo, raffinato nell’arti greche, precorreva l’età sua coll’aprire la biblioteca e la galleria a chiunque fosse; e con una lautezza ben meglio raffinata che non le grossolane maniere con cui i prodighi compravansi i favori del vulgo. Urtato nella sua ambizione, girò le spalle alla vita pubblica, e concentrò tutta l’attività dello spirito nella mensa; imbandita ogni giorno in modo, da poter accogliere anche inaspettati gli ospiti più schifiltosi; le cene ordinarie gli costavano duemila quattrocento lire; ma bastava accennasse che si cenerebbe nella sala d’Apolline, perchè il mastro di casa allestisse un banchetto di quarantacinquemila lire.

Di quelli che in ogni età scompigliata pretendono il titolo di buoni e d’onest’uomini col non far nulla e disapprovare tutto, e rimpiccinirsi dietro una moderazione che si riduce ad egoismo, il tipo più lusinghiero fu Pomponio Attico. Di buona casa patrizia, educato diligentemente, si prefisse per iscopo la tranquillità, e per mezzo di raggiungerla il tenersi in disparte dalle pubbliche faccende. Conservava amici in ogni fazione, e dell’aver suo faceva generosa comodità agli esuli ed ai proscritti di qualunque bandiera; non accusò nessuno, ma nessun mai patrocinò; potea dire amico Silla non meno che i Mariani, amici Cassio e Bruto non men che Cesare, Ottaviano non men che Antonio; stendeva la destra ad Ortensio, la sinistra a Cicerone; provedeva a quei che correvano dietro a Pompeo, ma egli non vi correva; a Bruto, cui non avea favorito mentr’era in fiore, largheggiò denari quando parevano sussidio non contribuzione; senza adulare Marcantonio potente sovveniva ai bisogni dei fautori e