59. Si vede un nudo, che si vaglia1 e duole,
Perocchè molta gente egli ha alle spalle,
Come sarebbe a dir tonchi e tignuole,
Punteruoli, moscion, tarli e farfalle;
Talchè pe’ morsi egli è tutto cocciuole,
E addosso ha sbrani e buche come valle;
Ed è poi fiagellato per ristoro
Con un zimbello2 pien di scudi d’oro. 60. Quei, dice Nepo, è il re degli usurai,
Che pel guadagno scorticò il pidocchio3
Un servizio ad alcun non fece mai,
Se non col pegno, e dandoli lo scrocchio4;
Il gran se gli marcì dentro a’ granai,
Chè nol vendea, se non valea un occhio;
Così fece del vino, ed or per questo
Gl’intarla il dosso e da’ suoi soldi5 è pesto. 61. Un altro ad un balcon balla e corvetta,
Chè un diavol colla sferza a cento corde,
Che un grand’occhio di bue ciascuna ha in vetta,
Prima gli dà cento picchiate sorde;
Con una spinta a basso poi lo getta
In cert’acque bituminose e lorde,
Che n’esce poi, ch’io ne disgrado gli orci6
O peggio d’un norcin, mula7 de’ porci.
↑St. 59. Si vaglia. Si dimena. (Nota transclusa da pagina 280)
↑Zimbello. Sacchetto. Vedi c. I, 59. (Nota transclusa da pagina 280)
↑St. 60. Scorticò il pidocchio, per venderne la pelle. (Nota transclusa da pagina 280)
↑Scrocchio. La merce che dà l’usuraio invece di danaro. (Nota transclusa da pagina 280)
↑I suoi soldi. Quel sacchetto pien di scudi d’oro. (Nota transclusa da pagina 280)
↑St. 61. Orci da olio, che son sempre sudici. (Nota transclusa da pagina 281)
↑Mula, perché porta sulle spalle quegli animali morti. (Nota transclusa da pagina 281)