8. Chè d’averlo non v’è nè via nè modo,
Se dentr’ad un mar d’olio1 non si tuffa:
E reputa il padron degno d’un nodo2,
Che lo lascia indurire e far la muffa,
Così Marte, che vede l’armi a un chiodo
Tutt’appiccate, malamente sbuffa,
Che metter non vi possa su le zampe,
E che la ruggin v’abbia a far le stampe. 9. Sbircia di qua di là per le cittadi
Nè altre guerre o gran campion discerne,
Che battaglie di giuoco a carte e a dadi,
E stomachi d’Orlandi3 alle taverne.
Si volta, e dà un’occhiata ne’ contadi,
Che già nutrivan nimicizie eterne;
E non vede i villan far più quistione,
In fuor che colla roba del padrone. 10. Ond’ei, che in testa quell’umor si è fitto,
Che l’uom si crocchi4 pur giusta sua possa;
Senza picchiar nè altro, giù sconfitto
L’uscio a Bellona manda in una scossa.
Niun fiata perciò, non sente un zitto,
Perch’ella dorme, e appunto è in sulla grossa;
Poichè la sera avea la buona donna
Cenato fuora e preso un po’ di nonna5.
↑St. 8. Un mar d'olio. L’olio in cui si tiene immerso il marzolino, per conservarlo. (Nota transclusa da pagina 76)
↑Nodo, laccio, forca (Nota transclusa da pagina 76)
↑St. 9. Stomaco d'Orlando vale, Uomo di gran coraggio; ma qui l’aggiunta alle taverne, dà alla frase il senso proprio, che torna tanto più ridicolo. (Nota transclusa da pagina 76)
↑St. 10. Crocchiare, è il cantare della chioccia; esprime pure il suono di un vaso di terra cotta gesso; vale anche cicalare, e qui percuotere, dar busse. (Nota transclusa da pagina 76)
↑Pigliar la nonna. Il Minucci dice che questo modo è lo stesso che pigliar la mónna, imbriacarsi: ma il Biscioni afferma che il secondo modo soltanto è in uso, e così legge l’edizione di Finaro. (Nota transclusa da pagina 76)