Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/23

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ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti 17

essere errore. E se questo è, o per le ragioni dette o avuto rispetto all’etá, né il comporre né il comentare miei versi fatti a questo proposito mi può essere imputato a grave errore. E dato che fussi vero che non si convenissi comento a simile materia, per essere piccola e poco importante, o a edificazione o a contento della mente nostra, dico, che se questo è, la fatica di questo comento convenirsi massimamente a me, acciò che altro ingegno di piú eccellenzia che il mio non abbia a consumarsi o metter tempo in cose sí basse; e se pure la materia è alta e degna, come pare a me, il chiarirla bene e farla piana ed intelligibile a ciascuno essere molto utile; e per questo e per quello che ho detto di sopra, nessuno il può fare con piú chiara espressione del vero senso che io medesimo. Né io sono stato il primo che ho comentato versi importanti simili amorosi subietti, perché Dante lui medesimo comentò alcuna delle sue canzoni ed altri versi; ed io ho letto di Egidio romano e Dino del Garbo, eccellentissimi filosofi, sopra quella sottilissima canzone di Guido Cavalcanti, uomo al tempo suo riputato primo dialettico che fussi al mondo, e inoltre a questi versi vulgari eccellentissimo, come mostrano tutte l’altre sue opere e massime la sopradetta canzone che comincia:

la quale non importa altro che il principio come nasce ne’ cuori gentili amore, e gli effetti suoi. E se pure alla purgazione mia non sono sufficienti né le soprascritte ragioni né gli esempi, la compassione almeno mi doverre’ giustificare, perché, essendo nella mia gioventú stato molto perseguitato dagli uomini e dalla fortuna, qualche poco di refrigerio non mi debbe essere negato, il quale solamente ho trovato ed in amare ferventemente e nella composizione e comento de’ miei versi, come piú chiaramente faremo intendere quando verremo alla esposizione di quel sonetto che comincia:

Se tra gli altri sospir ch’escon di fore, ecc.

Quali sieno sute le mie maligne persecuzioni per essere assai publiche e assai note, qual sia suta la dolcezza e refrigerio che

Lorenzo il Magnifico, Opere - i. 2