Pagina:Manzoni - La rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859, Milano, 1889.djvu/27

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introduzione 7

esercitassero sulle popolazioni il loro assoluto dominio. La giustizia richiederebbe che, in questo particolare, si facessero di gran distinzioni di tempi, di luoghi, di persone; ma la causa non ne richiede veruna. Erano ugualmente irreformabili, per il loro esser molti. Supponendo che fossero e stati istituiti in virtù d’un sacro e incontrastabile diritto, e guidati dalle migliori intenzioni, rimarrebbe sempre da domandare: Quelle sovranità, di cui godevano il benefizio, avevano poi la forza necessaria per adempirne uno de’ primi e più stretti doveri, quale è quello di mantenere ai governati que’ due beni supremi d’ogni società civile, la sicurezza e la dignità; per resistere alle ambizioni e alle cupidigie di potentati stranieri; per poter dire, in verun caso, all’uno o all’altro di que’ soverchianti: “Chi la pace non vuol la guerra s’abbia?”1. non era, invece, il possedere essi, quale un pezzo, quale un altro dell’Italia, ciò che dava e occasione e mezzo a quelle ambizioni, a quelle cupidigie, e a questa impotenza, a questa abiezione? E, oltre a ciò, ma per la stessa ragione, non erano essi abitualmente parte portati, e parte costretti, a subordinare e sacrificare gl’interessi de’ loro sudditi agl’interessi e alla politica o de’ comuni padroni, o d’uno di essi lasciato fare dagli altri? Dalla risposta a questi quesiti, cioè dalla ricognizione d’un fatto di prima evidenza, risulta evidente del pari la giustizia e (per restituire al diritto una parola

  1. Tasso. Gerusalemme, Canto II. LXXXVIII, 6.