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27, p. 479 ed. Stav.). La sua t. è forse nella prima di queste due monete, e può credersi scelta dai Crotoniati a rappresentare il loro fondatore, secondo un antico mito della Samotracia, riferito dallo scoliaste di Teocrito (ad Idyll. IV, v. 32, p, 64 ed. Reiske).

L’altra, simile ad una già nota di argento (sestini, Mus. del P. di Danim. p. 8, tav. I, n. 9), accoppia al tripode il polipo, che ricorre co’ delfini nel meandro d’un vaso dipinto, ritraente Apollo sul tripode di Delfo (micali, Storia ecc. tav. XCIV ); allusione agli abissi del mare, da cui venne fuori il dio della luce scintillante.

Posseggono quest’ultima i sigg. Marincola in Catanzaro, e la precedente, di ottima conservazione, il ch. sig. Bonucci.


ASCULUM in APULIA.


A ed un globetto.

Rov. Fulmine, br. 4, tav. II, n. 1.

Quest’oncia è di proprietà del sig. Riccio, e spetta all’appula Ἄσκλον (plutarch., Vita Pyrri op. tom. II, p. 462 ed. Bryan.), secondo le recenti osservazioni del ch. Avellino (Bullett. arch. nap. tom. II, p. 37). Il suo peso è gr. 250.

Il fulmine vedesi pure in un triente di Luceria accoppiato alla clava, immagine del sole (Aes. gr. Kirch. p. 32-3, 115, tav. I, cl. 5): tal unione viene dichiarata da un frammento di Lido pubblicato dall’Hase, nel quale si legge, che gli antichi credettero il sole causa de’ fulmini, ἢλιος αἴτιος κεραυνῶν.....; e che diversamente dalla luna, nelle fulgurali discipline, τῶν κεραυνῶν θευρίας, osservarono ch’egli n’era il principal motore, poiché tutte quelle cose che per loro natura son calde, simigliano al sole: καὶ ὂσα κατὰ φύσιν θερμὰ, καὶ ἡλίῳ προσφυῆ) (De oslentis c. 47, in Val. Max. oper. tom. II, pars. post., p. 247 ed. Lemaire).