Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/170

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162 intorno la vita e le opere di luciano.

riero, un filosofo, un retore, ai quali tutti dispiace lasciare la vita; ed egli solo, che ne conosce la vanità, vassene lieto e scevro. Ma se egli è povero, come pagherà il nolo a Caronte? (d. 22). Si bisticcerà coi navicellaio; ma, vuoi non vuoi, dovrà passare. Anche laggiù gli Dei stanno attaccati al danaro, e Caronte e Mercurio fanno spesso tra loro i conti di ciò che guadagnano (d. 4). Disceso Menippo non ha altra voglia che di vedere come stanno laggiù i grandi della terra, e si piace di beffare e trafiggere Creso, Mida, Sardanapalo (d. 2); poi canzona Trofonio, e Tiresia (d. 3 e 28) impostori ed indovini; e ride di Tantalo (d. 17), e non gli crede che abbia sete e fame, perchè è ombra, non corpo, che sente questi bisogni. Cercando le belle persone, tanto ricercate dai Greci, vede il teschio di Elena, e ride della vanità della bellezza (d. 18): fu fatto e sofferto tanto per una che doveva ridursi a questo! Mentre egli fa questa osservazione, Nireo e Tersite contendono per bellezza (d, 25), e fanno giudice Menippo, il quale decide che sono due teschi eguali, e Tersite è contento, perchè i poveri e i servi sorridono alla morte che li agguaglia a tutti gli altri. Cerca di vedere i filosofi, e parlando con essi (d. 20) sa che Pitagora ha mutato dommi e mangia le fave; che Empedocle si gettò nell’Etna per una fiera malinconia; e che Socrate diceva davvero che egli non sapeva nulla, e la gente credeva che ei lo dicesse per ironia. Dimanda a Cerbero (d. 21) come Socrate sostenne la morte, e quei gli risponde: Gli dispiacque assai, ma come la scorse inevitabile, fece le viste di sprezzarla per essere ammirato. Infine Menippo dimanda al savio Chirone (d. 26): È vero che tu eri immortale, e volesti morire? — Sì, perchè mi noiavo della vita. — E se ora ti noierai della morte e di stare qui, cercherai forse di andare in un’al-