Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/196

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174 GUERRE PERSIANE

retrocederebbe, e quelli spedirongli ambasciadori per istabilire gli accordi; se non che la dimane il popolo, di natura insolente e beffardo, con mordaci parole motteggiò il Persiano, e poco vollevi che non lapidasselo mentr’era da costui esortato a riscattarsi col sagrifizio di ben poco danaro.

II. Cosroe adunque offeso grandemente dalle costoro villanie deliberò prendere la città d’assalto, al quale uopo col nuovo giorno fe inoltrare tutte le truppe, e collocatane parte nei dintorni del fiume procedette colle migliori là dove il muro appariva più alto sì ma di minor fortezza. Laonde i Romani vedendosi costretti a combattere malagevolmente in causa delle angustie del luogo, divisarono collegare insieme ed appendere su per le cortine lunghissime travi a fine di potervi aumentare il novero dei combattenti. Gli assediatori in questo mentre investirono di tutta possa le mura in ispecie dal monte1, e vi scoccavan dentro innumerabili strali; nè gli assediati cedevan loro nel coraggio, opponendo cittadini e truppa vigorosa resistenza. Riusciva però vantaggiosissimo ai primi il guerreggiare, quasi in pianura, da quel poggio, fortunatamente occupato da principio; che se gli Antiocheni, prevenendoli, si fossero colà muniti, avrebbero di certo evitato la propria rovina; ma, non pensatovi, è forza conchiudere che giunto fosse il momento destinato al cadere della città in mano de’ barbari, i quali animati dalla presenza del condottiero e facendo prodigj di valore non diedero tregua ai Romani.

  1. Orocassiade. V. § 4 del capo 6 di questo libro.