Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/59

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LIBRO PRIMO 39


IV. I Romani adunque riebbero Amida1, rimasa due anni soggetta al re persiano, sborsando la prefata somma.

V. Entrativi però grandemente arrossirono del poco loro coraggio e della incredibile frugalità dei nemici, sendosi dal calcolo della vittuaglia trovata nella città e degli individui usciti argomentato, che il presidio avesse cibarie per nulla più di sette giorni, quantunque Glone ed il figlio suo nel farne la distribuzione andassero per lungo tempo in guisa circospetti, che la misura accordata era ben minore di quanta ne occorre a soddisfare non istentatamente i bisogni della vita. I Romani poi colà rinchiusi non ebbero durante l’assedio, come già scrivea2, alcun soccorso, di maniera che vidersi costretti a trangugiare non consueti cibi, e sin ridotti alla crudele necessità di sbramare lor fame con le umane carni. I duci osservando l’insieme di tante maravigliose circostanze rimproverarono alle truppe la intolleranza loro nei disagi dell’assedio, lasciandosi per essa fuggire la opportunità di venire nuovamente al possesso d’Amida e di condurre prigioniero il figlio di Glone con tanti altri ragguardevolissimi Persiani, e contaminando la gloria del nome romano con una macchia siccome quella di ricevere a prezzo la città assediata.

  1. Le sue mura, tanto maggiori quanto minori, prossime a diroccare per la vetustà, furono quindi fortificate, quasi di nuovo edificandole, dall’imperatore Giustiniano (lib. ii, degli Edifizj).
  2. Cap. 7, di questo libro.