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2. Il Metastasio ed i poeti Văcărești — Le canzonette.

Fra „gl’insipidi frutti della scuola classica che dava gli ultimi tratti”1 e che, secondo il Ionnescu-Gion2, „rappresentava quanto di meglio poteva gustarsi da quella generazione dal sangue annacquato”, che visse in Rumania ai tempi dei Fanarioti; l’illustre storico della città di Bucarest non intende comprender nè le canzonette, nè, tanto meno, i drammi del Metastasio. Allude chiaramente alle romanze francesi, che facevan la delizia de’ boiardi rumeni della seconda metà del secolo XVIII, e se, quando parla di „scritti dolciastri, flaccidi, uniformi che oggi „fin dalla seconda pagina cominciano a pesarvi (come un incubo) sul cuore”3, è lecito vedere un’allusione agl’Idillii del Gessner4; è certo che nella medesima condamna non coinvolge,



    letterature straniere. Egli stesso ci attesta d’aver letto molto Omero, Virgilio, l’Ariosto, il Tasso e il Voltaire. Ciò non ostante, malgrado la trama del poema derivi dalle letterature straniere, pure il modo col quale ha trattato l’argomento mostra abbastanza originalità e uno spirito d’osservazione non trascurabile insieme con una conoscenza profonda delle nostre credenze popolari e dei costumi degli zingari]. — Della Secchia rapita, e in genere delle fonti italiane, il Densușianu non tocca; in compenso interessantissimi sono i confronti che istituisce col Don Quijote a p. 248. Cfr. anche lo studio di Aron Densusianu intitolato O Musă-cenușăreasa (Una musa cenerentola), in Cercetări literare, Iași, 1887, pp. 265— 266, dove accenna alla Secchia rapita del Tassoni e mostra din non ignorare il nome del Casti, del quale cita Gli animali parlanti. Tutti però gli storici della lettura rumena mostrano di ignorare un interessantissimo poema eroicomico greco-moderno di quel Iacovachi Rizo che, in collaborazione con un tal Monti, tradusse l’Oreste dell’Alfieri, poema eroicomico ch’è figlio non degenere della celebre Secchia, intitolato Il tacchino rapito, di cui ecco il titolo completo: Κούρκας Ἀρπαρή· Ποίημα ἡροϊκοκωμικὸν εἰς τρία ᾄσματα, συντεθὲν παρὰ τοῦ Κυρίου Ἰακωβάκη Ῥίζου τοῦ ποτὲ Νεrουλοῦ. Ἐν Βιέννῃ. Ἐν τῇ τυπογραφίᾳ τοῦ Ἰωάν Βαρθσβεκίου, 1816. Per ciò che riguarda la biografia di questo autore, cfr. Νεοελληνικὴ φιλολογία συντεθεῖσα ὑπὸ Ἀνδρέου Παπαδοπόλου Βρέτου, Ἐν Ἀθήναις, 1584, Μέρος Β´. pp. 331–32.

  1. [„...șerbede producțiuni ale șcóleĭ clasice care trăgea se móră”].
  2. Ionnescu-Gion, Portrete istorice, București, Steinberg, 1834, p. 10.
  3. [„...scrierĭ, dulcezĭ, molâĭ, otova, cari azĭ, dela pagina a doua te leșuĭe pe inimă”]. Cfr. Ionnescu-Gion, op. cit., loc. cit.
  4. Della Morte d’Abele Costache Negruzzi (1808-1868) afferma non senza ironia ch’era l’unico libro, la cui lettura conciliava il sonno al vecchio suo padre,