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74 La Canzone del Paradiso


Pag. 5, v. 16Flor d’uliva. Dolce nome che latinizzato in Flos olivae, si trova in un’antica lista di nomi.

Pag. 6, vv. 2 a 11 — Per questi versi e per quelli di pag. 7 e pag. 8 della canzone o romanza di Flor d’uliva, cfr. Barzaz Breiz di Hersart de la Villemarqué, pag. 146. Per il metro, ricorda la Romance di Gaiete et Oriour, che troverai nel Bartsch, Chrest. Franç., a col. 61, 62; e il confronto che, per esso metro, fa con questa, del famoso contrasto di Ciullo o Cielo, fu Jeantoy, in Les origines de la Poés. lyr. en Fr., pag. 257. Sono tre versi maggiori, rimati insieme, seguiti da due minori pure insieme rimati. Quanto alle forme dialettali ed arcaiche, vedi Gaudenzi, I suoni, le forme e le parole dell’odierno dial. di Bologna, e in esso gli Antichi testi bolognesi inediti, da pag. 127 a pag. 224. Vedi anche Casini, op. cit., Voci e passi di Dante di Ott. Mazzoni Toselli, e altri libri e documenti. Per togliere ogni offensione trascrivo qui la romanza o canzone o lay, in forma più moderna:

IL RITORNO DEL CROCIATO


Sette anni pianse, oimè sett’anni sani,
e scalza andva, un vinco nelle mani.
Pecore e capre aveva intorno, e i cani.
          Sette anni, oimè tapina schiava,
          Sett’anni pianse: un dì, cantava...
Passava un cavaliere della croce.
Sentì lassù la dolce chiara voce.
Legò il cavallo con la briglia a un noce.
          «Vocina chiara come argento,
          sette anni è, sì, che non ti sento».
Legò il cavallo, e le si fece avanti.
«Deh! pastorella, Dio te guardi e i Santi:
mangiasti bene, così gaia tu canti!»
          «Voi dite, la Dio grazia, vero.
          Mangiammo i cani ed io pan nero»