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270 LA FERONIADE

     Mena le vive, ed or sopore infonde
     165Nell’umane pupille, ed or ne ’l toglie.
     Sí guernito, e con tal d’ali remeggio1
     Spiccasi a volo. Occhio mortal non puote
     Seguitarne la foga; in men che il lampo
     Guizza e trapassa, egli è già sceso, e preme
     170Il campano terreno, un dí nomato
     Campo flegrèo2, famosa sepoltura
     De’ percossi Giganti. Intorno tutta
     Manda globi di fumo la pianura,
     Ed ogni globo dal gran petto esala
     175D’un fulminato. A fronte alza il Vesevo
     Brullo il colmigno, ed al suo piè la dolce
     Lagrima di Lieo3 stillan le viti.
     Lieve lieve radendo il folgorato
     Terren di Maia il figlio e la marina
     180Sorvolando, levossi all’erte cime
     Della balza circèa, che di Feronia
     Signoreggia la selva. Ivi fermossi,
     Qual uom che tempo al suo disegno aspetta4;
     E, di là dechinando il guardo attento
     185Al piano che s’avvalla spazïoso
     Fra l’ánsure dirupo ed il circèo,
     E tutto copre di Feronia il bosco,
     A quella volta acceleranti il passo
     Vide Giuno e Vulcano, armati entrambi
     190D’orrende faci, ed anelanti a nuova
     Nefanda offesa. All’appressar di quelle
     Vampe nemiche un lungo mise e cupo
     Gemito la foresta: augelli e fiere,
     A cui Natura, piú che all’uom cortese,
     195Presentimento diè quasi divino,
     Da subito terror compresi, i dolci
     Nidi e i covili abbandonâr stridendo
     E ululando smarriti e senza legge

    282, p. 107.

  1. con tal d’ali remeggio: cfr. la nota al v. 194, p. 59.
  2. Campo flegrèo: «Flegrèi si chiamarono alcuni campi della Campania, ov’era il Foro di Vulcano, presso Pozzuoli e la palude Acherusia: de’ quali fanno menzione Plinio (H. N. III, 5), Silio Italico (VIII, 540 e XII, 143), Strabone (lib. V e VI). L’abbondare dello zolfo e del fuoco in questi campi si è poi la cagiono per cui i poeti collocano in essi il teatro della pugna de’ Giganti cogli dei. Flegra però, il famoso campo ove Giove sconfisse i Titani, è nella Macedonia» Mg. Cfr. Properzio I, xx, 9.
  3. la dolce ecc.: «Il Redi nel Ditirambo chiamò questo vino il sangue che lacrima il Vesuvio; ed a questo passo fa la seguente annotazione: «Parla di quei vini rossi di Napoli, cho sono chiamati Lacrime, tra le quali stimatissime son quelle di Somma e di Galitte ecc.»
  4. Qual uom ecc.: Petrarca P. I, son. 2: «Come uom ch’a