Pagina:Politici e moralisti del Seicento, 1930 – BEIC 1898115.djvu/143

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della ragion di stato - vii 137


tendo successivamente gli onori e le dignitá, ma con poco o nissun salario: acciò e l’entrate publiche non aggravino e i plebei restino con poca invidia, essendo tal gente piú dedicata al guadagno che all’onore.

Ed acciò nei magistrati si cammini con questa astinenza del guadagno, conviene nel fine del carico tarsigli un buon sindicato, cosí nei giudizi e azioni, come nei guadagni cosí de’ privati come del publico: ché cosí terranno giusta la stadiera, e cosí si dará sodisfazione al popolo e si leverá l’invidia.

Perciò si dovranno eleggere i magistrati dalle tribú separate, o parrocchie, o parti del popolo separate, e dagli eletti da questi, e non da tutta la moltitudine unita: perciocché, se questo si fará, sempre si eleggeranno i piú bassi, eccedendo il numero de’ tali, o almeno si eleggeranno quelli che ambiscono il favore della moltitudine; li quali per conservarsi cotal favore, essendo eletti, lascieranno tutta la potestá in mano del popolo: onde avverrá che le leggi non si osserveranno, e conseguentemente le republiche diventeranno olocrazie e anarchie; cosí dice Aristotele nel quinto della Politica.

Ma se l’elezione passerá in questa maniera sí, ma che ogni tribú o parte della cittá ne elegga un certo picciol numero, e poi che la sorte decida qual debba esser eletto: sará piú proprio della democrazia, e apporterá piú quiete al popolo, e levará e le mormorazioni e le invidie.

Ma per rendere piú quieto e contento il popolo, molto bene avvisò Aristotele esser molto utile nella democrazia l’introdurre molti magistrati distinti secondo le negoziazioni e secondo le varietá delle cose, acciò piú persone del popolo possano esser contente. Anzi per questa causa medesima giudicò dover esser brevi i magistrati, acciò piú persone possano partecipare di tali onori.

Di piú giudicò bene, che nello stato popolare non vi fosse un magistrato che avesse suprema autoritá, acciò con tale occasione non si mutasse la republica in tirannide. Perciò la republica romana volle che i consoli fossero due, e che i tribuni della plebe fossero molti, e che di raro si facesse il dittatore, ma per breve tempo, e dandogli per compagno il maestro de’ cavalieri.