Pagina:Pulci - Morgante maggiore I.pdf/212

Da Wikisource.

canto decimo. 193

54 Avea Faburro, Ulivieri ed Orlando
     Morti quel dì migliaia già di Pagani,
     E tuttavia ne venien consumando;
     I Saracini ancor menan le mani;
     Ma tanto e tanto i paladini il brando
     Insanguinato avevan di que’ cani,
     Che per paura assai n’eran fuggiti
     A’ padiglioni, e gran parte feriti.

55 Erminion dicea pur: Chi vi caccia?
     Chè gli vedeva fuggir d’ogni parte.
     E’ rispondieno a quel che gli minaccia:
     Fuggiam dinanzi alla furia di Marte;
     E’ non c’è uom con sì sicura faccia,
     Che si confidi di sua forza o arte:
     Qua son venuti nuovi Ettorri al campo,
     Nè contro a’ colpi lor si truova scampo.

56 Noi vedemo Rinaldo, o fu il cugino,
     In mezzo un cerchio saltar col cavallo;
     Quivi era tutto il popol saracino,
     E non potemmo tanto contrastallo,
     Che pose in groppa un altro paladino,
     Ch’era assediato, e saltò fuor del ballo;26
     Ed a dispetto nostro il portò via:
     Mai vedemmo uom di tanta gagliardia.

57 E Salincorno ha morto, il tuo fratello.
     Erminione allor si dolse forte,
     E così disse: Poi ch’è morto è quello,
     Ch’era il più fier Pagan di nostra corte,
     A tradimento quel Rinaldo fello
     O ’l suo cugin gli arà data la morte.
     Fugli risposto: E’ non fu a tradimento,
     Chè chi l’uccise, n’uccidrebbe cento.

58 Allora Erminion: Sia maladetta
     Tua deità, Macon; più volte disse;
     E giurò far del suo fratel vendetta,
     Se mille volte come lui morisse:
     Dov’è Rinaldo a gran furia si getta,
     Ed una lancia ch’avea, in resta misse;
     E come egli ha Rinaldo conosciuto,
     Lo salutò con uno stran saluto.

i. 17