Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu/142

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cxxx Correzioni e Aggiunte

che di uno in altro proposito principiasi talora da un paio di occhiali e si termina coll’incendio di Troia) ci condussero negli scorsi giorni a parlare di quella romana generazione di letterati, i quali, fra sè ristretti e schivi di tutt’altri e tutt’altro che non sia loro e in loro, regalansi scambievolmente il modesto titolo di Santo-petto, e ciò per la santità del loro amore verso le lettere del Trecento, beate quelle e beato questo per omnia saecula saeculorum. Ricorderà, gentil Signora, come io Le narrassi essere uno di costoro venuto a morte nel 1834 e aver commossa la mia povera musa ottocentista a piangerne l’amarissima perdita. Or bene, io Le invio oggi i versi spremuti dal mio dolore in quella lugubre circostanza e consecrati a tutti i Santi-petti compilatori del Giornale Arcadico, giornale profetico, che, zoppo più di Zoilo nelle sue pubblicazioni, suole spesso annunziare, con data p. e. del 32, antichità dissotterrate nel 34. Se questa non è profezia bella e buona, Dio sa cosa ell’è. L’illustre defunto ebbe nome Girolamo Amati di Savignano. Fu veramente buon grecista, buon latinista, buono scrittore italiano. Molto seppe, moltissimo presunse. Con pochi usava: degli altri nè rispondeva pure al saluto. Sordido e senza camicia sotto i panni: di volto Satiro, e così di parole; e tuttavia ne’ suoi scritti, per umana contraddizione, non raro adulatore de’ potenti. Stridulo poi nella voce come cornacchia, e ruvido nel corpo e ne’ modi quanto il rovescio d’una impagliatura di sedia. A quella corrugata fronte, degnissima di un posto nella commedia de’ Rusteghi, profondevano i di lui confratelli il nome solenne di fronte omerica, in grazia forse del cervello che ricopriva. Ne’ miei 14 versi e nella nota dichiarativa incontransi alcuni de’ fiori di lingua onde vanno sparse le carte e olezzanti i colloqui de’ Santi-petti, ai quali il Segato di Belluno niente saprebbe più dare oltre quanto lor concesse la prodiga Natura. Se v’ha da ridere, signora Amalia, rida con me. Se poi, anzichè di riso provi Ella senso di nausea, laceri questi fogli e si rallegri colla dimenticanza e de’ Santi-petti e del loro encomiatore G. G. Belli„      P. 332, n. 1: de ponenti — de’ ponenti.      P. 362, nel titolo: Monte-scistorio — Monte-scitorio.      P. 415, n. 2: Le rivolge — Lo rivolge.

VOLUME IV.

P. 22, n. 1: si ci, leggi: ci si.      P. 36, v. 12: jjjòja — jjòjja.      P. 38, V. 13: dritto ddritto — ddritto dritto.      P. 40, n. 2: libre — libbre.      P. 69, v. 10: Ggnissuno — Ggnisuno. P. 75,