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CAPO VIII. 173

tavano le isole vicine, e principalmente Scheria o Corcira, innanzi che vi fossero espulsi e mandati fuori dai Greci1. Onde si può ben comprendere per tutto questo, quanto facilmente audaci naviganti, traversando il golfo, potessero con mala cupidigia trasportarsi sopra legni sottili da un lido all’altro.

Che i Liburni ed altre generazioni illiriche mandassero antichissimamente sciami di loro gente in Italia è cosa manifesta, non tanto per le sue stazioni nel Piceno, di che s’era serbata la memoria sino al tempo di Plinio2, quanto ancora per altre tracce del lor soggiorno nelle marine dell’Adriatico oltre Puglia. Or, come questi crudeli e micidiali pirati e predatori apparvero in numero a quelle piagge, o scarsamente abitate, o indifese, corsero addosso alle popolazioni osche che stavano intorno nelle più prossime valli e ne’ monti, d’onde investite, predate, e scacciate dagli assalitori, si rifuggirono per la lor salute ne’ sommi gioghi degli Appennini. Fra coloro che si scontrarono i primi con quei feroci furono, come sembra certo, le tribù che indi presero il nome di Umbri, nati e cresciuti per quelle pendici3: e, secondo che porta il costume pastorale, venuti fuori tutti insieme del loro nido, si spinsero gagliardamente su nelle sommità del territorio di Rieti incontro le genti di minor forza, colà dimoranti, che dagli scrittori son genericamente

  1. Strabo, vi. p. 186.
  2. Plin. iii. 13-14
  3. Vedi sopra p. 73.