Pagina:Storia degli antichi popoli italiani - Vol. II.djvu/162

Da Wikisource.
156 CAPO XXII.

Campania han dovuto essere i primi, fino dall’ottavo secolo innanzi l’era volgare, a sentire l’influsso del grecismo per iscambievoli commerci con diverse generazioni di Greci1: e fors’anco i primi a trasportare nelle loro metropoli lingua, numi, eroi, costumi, poemi ed arti elleniche. Nè havvi dubbio alcuno che già nel terzo e quarto secolo di Roma le città marittime dell’Etruria non avessero con i coloni della Magna Grecia, e coll’Ellade stessa, frequentazioni di mercatura e negozi civili, mediante i quali s’andava ognora più insinuandosi fra noi la civilità ellenica. Il cui potente vigore non sol feriva ogni dì più maggiormente il credito e l’autorità dell’ordine sacerdotale, ma infievoliva la fede, e scalzava a un tempo le fondamenta d’ogni credenza antica. Già il potere del sacerdozio aveva perduto ogni sua forza per tutta Italia al quinto secolo: nè dopo le conquiste romane mai più non ebbe mezzi di levare il capo. L’esempio medesimo che il popolo dominante dava in quel tempo egli stesso, non poteva se non accrescere in tutti gli ordini di cittadini l’indifferenza religiosa per vieti costumi. Una educazione più liberale, e quasi che tutta greca, sostituita nelle grandi case a una educazione etrusca2, assai prestamente aveva infranto in Roma il giogo della superstizione, e sparso anche di ridicolo

  1. Vedi Tom. i. p. 285.
  2. Liv. ix. 36. Per tale educazione grechesca Scipione veniva soprattutto incolpato d’aver guasta la virtù romana. Cato ap. Liv. xxix. 19.; Tacit. ii. 59.; Vellej. ii. 1.