Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/128

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ventavasi inoltre al più leggiero strepito, ch’egli udisse, ed eziandio a quello dei remi, coll’ajuto dei quali la sua barca tanto sul mare che sui fiumi veniva da altre condotta o rimurchiata al pari di un conquistato vascello1. Non mangiava mai coi Grandi, che invitati aveva a mensa, ad oggetto di poterli considerare con tanto più di assiduità, e d’esattezza2, e se ne giva solo a passeggiare in certi corridoj fatti da lui costruire con lastre di un marmo trasparente, onde aver luogo di veder del continuo ciò che accadeva lungi dal suo cospetto19. Domiziano procurava, è vero, nella misantropica solitudine, in cui ritiravasi, di distrarre o sopprimere il suo tormentoso timore con ogni sorta di sensual compiacenza3, ma i desiderj, ed i sensi di questo voluttuoso, e ghiotto Tiranno incominciarono ben tosto ad indebolirsi, così che poi gli rimanevano ogni giorno molte ore di una noja mortale, quale egli, benché Sovrano di tanti Popoli, e Regni, occupar non sapeva con altro sollievo fuorché con quello di prendere, e d’infilzare alcune mosche.

Se alcuna cosa indur poteva Domiziano ad

  1. Plin. c. 72.
  2. Ib. c. 49.
  3. Svet. c. 22, «Libidinis nimiae assiduitatem concubitus velut exercitationis genus clinopalen vocabat etc. et Plin. Paneg. c. 49 exquisita ingenia coenarum ec.