Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/56

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il fenomeno amoroso, e cerca dietro di quello la scienza. L’esistente non è per lui che un velo del pensiero, una forma dell’essere; Cino da Pistoja chiama Arrigo di Lussemburgo forma del bene: Il corpo è un velo dello spirito; la donna è la forma di ogni perfezione morale e intellettuale; spiritualismo religioso e idealismo platonico si fondono e fanno una sola dottrina. L’allegoria, che era già prima la forma naturale di una coltura poco avanzata, diviene una forma fissa del pensiero teologico e filosofico, disposizione dello spirito aiutata dall’uso invalso di cercare il senso allegorico a spiegazione della mitologia e del senso letterale biblico. Ma il pensiero esercitato nelle lotte scolastiche era già tanto vigoroso che poteva anco bastare a sè stesso ed avere la sua espressione diretta. Perciò nella poesia entra non solo l’allegoria, ma il nudo concetto scientifico, sviluppato dal ragionamento e da tutt’i precedenti scolastici. Cino, Cavalcanti e Dante erano tra’ più dotti e sottili disputatori che fossero mai usciti dalla scuola di Bologna. La loro mente robusta era stata educata a guardare in tutte le cose il generale e l’astratto, e a svilupparlo col sussidio della logica e della rettorica. Prima di esser poeti sono scienziati. Anche verseggiando, ciò che ammirano i contemporanei, è la loro scienza.

Cino maestro di Francesco Petrarca e del sommo Bartolo, fu dottissimo giureconsulto. Il suo comento sopra i primi nove libri del Codice fu la maraviglia di quella età. Ristoratore del diritto romano, aperse nuove vie alla scienza, e non fu uomo, come dice Bartolo, che più di lui desse luce alla civil giurisprudenza. L’amore di Selvaggia lo fece poeta, ma non potè mutare la sua mente. In luogo di rappresentare i suoi sentimenti, come poeta, egli li sottopone ad analisi, come critico, e ne ragiona sottilmente. Posto fuori della natura e nel campo della astrazione, ogni limite del reale si perde, e quella stessa