Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/235

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tra quelle ricchezze e diviene attiva, si fa alleata dello spirito, trasforma quelle combinazioni e quei rapporti in immagini, e le immagini hanno il loro finimento nella facile e briosa vocalità de’ suoni. Talora i concetti stessi spariscono; ma rimane sempre un’onda melodiosa, la cantilena:

Adone, Adone, o bell’Adon, tu giaci,
     Nè senti i miei sospir, nè miri il pianto;
     O bell’Adone, o caro Adon, tu taci,
     Nè rispondi a colei che amasti tanto!
     Lasciami, lascia imporporare i baci,
     Anima cara, in questo sangue alquanto,
     Arresta il volo, aspetta tanto almeno,
     Che il mio spirto immortal ti mora in seno.

La poesia italiana in quest’ultimo momento della sua vita non è azione, e neppure narrazione, è spettacolo vocalizzato, descrizione a tendenze liriche, tra lo scoppiettio de’ concetti, il lustro delle immagini, e la sonorità delle frasi e delle cadenze, e i vezzi delle variazioni. Il suo ideale è l’idillio, una vita convenzionale, mitologica, amorosa, allegrata dal riso del cielo e della terra. L’Adone è esso medesimo un idillio inviluppato in un macchinismo mitologico, come l’Euridice, la Proserpina. Un idillio del Marino, di colorito freschissimo e moderno, tutto impregnato di ardente sensualità, è la sua Pastorella. Chi ricordi la Pastorella di Guido Cavalcanti, così sobria e semplice nella sua maniera, può misurare fino a qual grado di ricercatezza nello sviluppo e nelle determinazioni di queste situazioni liriche era giunta la poesia. Pure la sensualità era ancora quello che rimaneva di viso in questi pochi seicentistici, esalata in tenerezze, languori, voluttà, galanterie e dulcitudini.

Un ideale frivolo e convenzionale, nessun senso della vita reale, un macchinismo vuoto, un repertorio logoro, in nessuna relazione con la società, un assoluto ozio interno, un’esaltazione lirica a freddo, un naturalismo gros-