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256 | DEGLI ANNALI |
male intendeva, e la fìgliolina, sì pura, che diceva: „Che ho io fatto? dove mi strascicate voi? non lo farò mai più: datemi della scopa più tosto„. Dicono gli scrittori di que’ tempi, che non si essendo più udito dare a pulzella il supplizio de’ triumviri, lo manigoldo col cappio a cintola la sverginò1, e strangolati, gittò i teneri corpi nelle Gemonie.
L. L’Asia e l’Acaia in questo tempo ebbero battisoffia2 per essersi alle Ciclade, e poi in terra
- ↑ Bella legalità osservata per farla donna, e abbiente allo strangolo! Così i triumviri (Dione al 47) per abbientare al supplizio un fanciullo, il vestiron di toga virile. Da un altro ch’io so, fu detto, Sia dell’età dispensato 1 . Radamisto avendo assicurato il zio e la sorella, del veleno; gli gittò in terra, e gli affogò in molti panni. Augusto e Tiberio per collare i servi contro al padrone, gli vendevano al fiscale. Malizie non mancano chi vuol fraudare le leggi.
- ↑ Exterritae sunt acri magis, quam diuturno timore. Tutto questo dice questa popolar voce perfettamente; e Franco Sacchetti nella novella 48 l’usa. Che noi la deviamo schifare, perchè la lingua comune d’Italia non l’usa, perchè non è in Dante, nè nel Petrarca, nè nel Boccaccio, a me non pare; nè credo che una lingua che vive, sia nello scrivere obbligata a raccogliere solamente le parole di pochi e morti scrittori, quasi gocciole dalle grondaie, ma debba attignere dal perenne fonte della città le più efficaci e vive proprietà naturali, che con impeto scoccano, e fiedono l’animo per diritta via e brevissima; e molte significano più che non dicono, come i colpi fieri, e gli scorci nella pittura. Conciossiachè noi favelliamo per essere intesi, e muovere; e quanto più proprio e breve il parlare è, più presto e meglio è inteso e muove. E credo che dall’empio, e ’l disonesto e ’l sordido in fuori, quanto