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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/124

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sinceramente che gli autori dal march. Maffei arrecati a provar toscano Pittagora, son quegli stessi che ci costringono a dubitar della patria di questo illustre filosofo.


Confutazione de’ loro argomenti. XXIX. Un altro argomento ancora arreca il march. Maffei a comprovare il suo sentimento, cioè il detto di un cotal Lucio pittagorico presso Plutarco, di cui narra questo autore, che Etruscum fuisse affirmavit eum (cioè Pittagora), non ut alii quidam, quod majores ejus Thyrreni fuissent, sed ipsum in Etruria natum, educatum, institutum (Symposiac. l. 8, qu. 7). Questo argomento è sembrato sì valido all’erudito canonico Filippo Lapparelli, che in una sua Dissertazione sopra la nazione e la patria di Pittagora, inserita nel tomo vi de’ Saggi dell’Accademia di Cortona, di esso singolarmente ha voluto usare a provar che Pittagora fosse etrusco. Ma io mi maraviglio che amendue questi valenti autori o non abbian letto, o abbiano dissimulato ciò che soggiugne Plutarco stesso; il quale all’autorità del pittagorico Lucio oppone quella di Teone grammatico, cui introduce a favellare così: Magnum puto et non facile esse, evincere Pythagoram Etruscum esse (ib.). E in vero l’argomento preso da’ Simboli

    dunque questo il solo de’ cinque autori che si producono per provar che Pittagora fosse etrusco, il qual veramente lo affermi. Ove vuolsi anche avvertire ch’egli è il più recente tra tutti, e perciò il meno opportuno ad aggiugnere colla sua autorità nuovo peso a questa opinione, la quale continuerà ad essere tuttora dubbiosa ed incerta.