Pagina:Vitrioli - Epigrammi latini, G. Nobile, 1871.djvu/8

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interessante un epigramma. Suole questo definirsi un poetico componimento, arguto, frizzante, satirico, felicemente espresso con brevità, scioltezza ed evidenza. È necessaria la brevità, non dovendo l’epigramma contenere che un solo pensiero; chè troppo allora temerebbesi dalle muse chi di molti versi componesse l’epigramma, il quale non potrebbe ad un tratto essere raccolto dalla mente, e conservato nella memoria. Non vale lo addurre, che in Marziale e Catullo abbiansi esempi, anche bellissimi di epigrammi diffusi in molti versi: la brevità deve essere relativa, quantunque non possa determinarsi.

Dalla felicità di dar figura al pensiero dipendono la scioltezza e l’evidenza: chè, se tu storpî il pensiero in una forma sproporzionata, non ha più la configurazione propria, e che sola gli conviene. Due maniere le più spiccate di epigrammi si riconoscono comunemente: alla prima appartengono quelli, che si contentano della delicatezza del pensiero, e dell’eleganza della espressione: alla seconda quelli, che al brio, alla vivacità uniscono l’acutezza della mente, e un non so che di frizzante. E forse tutti gli epigrammi greci, e quei di Catullo

    si conservano in famiglia, e che è dato ad ognuno di poter verificare cogli occhi propri. E ciò faremo per affinare il giudizio dei giovani studiosi in fatto di latinità, e prevenirli contro quelle, che l’Alfieri chiama chiacchiere gazzettarie; oggi segnatamente, che i magni giornali di Roma e Torino non cessano di travisare la pubblica opinione, lodando a cielo tutte le latine goffaggini, che vedono la luce a’ dì nostri. E sì che per cotali uomini l’essere uno scritto latino scevro affatto di nobili pensieri, ed orrido, inelegante, disarmonico nello stile, è un titolo bastevole, perchè ne infiorino con lunghi estratti le colonne dei lor giornali, e con una certa dilettazione morosa ne discorrano ne’ così detti articoli bibliografici. E poi siamo in tempi, che M. Tullio Cicerone venne bistrattato da un Tedesco, ed esaltata da uno storico Milanese l’eloquenza del barbaro Tertulliano! Miseria umana!!!