Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/117

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(1345-1346) pensieri 103

della lingua italiana scritta consiste appunto nell’aver preso piú di qualunque altra dalla favella popolare sí divisa dalla cólta, e massime da un particolare dialetto vernacolo, ch’é il toscano, e nell’aver saputo servirsene e nobilitare e accomodare alla letteratura quanto n’ha preso. Ma la lingua francese scritta poco si differenzia da quella della conversazione ec.; dove però questa si differenzia da quella del volgo, quella del volgo non influisce e non somministra nulla alla lingua letterata francese. 3o, Ho già detto che da principio, cioè quando la lingua italiana scritta seguiva principalmente questo costume di attingere dalla favella popolare, costume che ora ha quasi, e malamente, abbandonato, allora anch’ella era effettivamente assai simile alla parlata ec. Anche ora ella si accosta al  (1346) parlar polito e vi si accosta piú di quello che mai facesse il latino scritto ec., ma non si accosta al parlar popolare, che tanto fra noi differisce dal polito (19 luglio 1821).


*    Molte qualità che ad altri riescono dispettose e sguaiate, ad altri riescono graziose. Come il parlar flemmatico degli uomini, piace spesso alle donne, a noi pare accidioso. Viceversa accadrà circa il parlar delle donne. Cosí certe pronunzie o dialetti languidi, cascanti, strascinati, delicati, smorfiosi, come fra noi il maceratese ec. (19 luglio 1821).


*    Alla p. 1343, margine. Anche questo però serve a dimostrare che il detto suono non è quello di g ed l, il quale è rappresentato appunto da’ francesi ec. con gl, ed anche da noi, come ho detto. Del resto, il suono del nostro gli e dell’ill francese ed ll spagnuolo, mancava alla lingua latina ed alla greca, le quali però aveano il suono del gl come in Aegle (Virgilio, Ecl, VI, 20-21), γλυκὺς ec. (19 luglio 1821).