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(1449-1450-1451) pensieri 167

propria de’ fanciulli e il sentimento degli adulti (3 agosto 1821). Vedi p. 1548.


*    Non solo i contemporanei, per esempio di Omero, sentivano e gustavano la di lui semplicità ben meno di noi, come ho detto altrove, ma lo stesso Omero non si accorgeva di esser semplice, non credé, non cercò di esser pregevole per questo, non sentí, non conobbe pienamente il pregio e il gusto della semplicità (né in genere, né della sua propria); come si può vedere in quei soverchi epiteti ec. ed altri ornamenti ch’egli profonde fuor di luogo, come fanno i fanciulli  (1450) quando cominciano a comporre e si studiano e stiman pregio dell’opera tutto il contrario della semplicità, cioè l’esser manierati, ornati ec. Segni di un’arte bambina, la quale infanzia dell’arte produceva insaputamente la semplicità, e volutamente questi piccoli difetti in ordine alla stessa semplicità; difetti che un’arte piú matura ha saputo facilmente evitare cercando la semplicità, la quale però non ha mai piú potuto conseguire. Cosí dico dell’Ariosto ec. de’ cui difetti ho parlato ne’ miei primi pensieri ed altrove. Cosí dei trecentisti manieratissimi e scioccamente carichi di ornamenti in molte cose, benchè, per indole naturale, semplicissimi ec (4 agosto 1821).


*    Da quanto ho detto altrove che l’ingegno è facilità di assuefarsi e che questa facilità include quella di mutare assuefazioni, di contrarne delle nuove in pregiudizio delle passate ec., risulta che i grandi ingegni denno ordinariamente esser mutabilissimi (di opinioni, di gusti, di stili, di modi, ec. ec.), non già per  (1451) quella volubilità che nasce da leggerezza, e questa da poca forza d’ingegno e di concezioni e sensazioni ec., ma per la facilità di assuefarsi e quindi di far progressi. Però la mutabilità, quando conduca