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(1770-1771-1772) | pensieri | 359 |
denza fra l’esterno e l’interno, fra la fisonomia e l’ingegno e le qualità naturali o abituali. Quindi è certo che tali animali hanno in effetto, se cosí posso dire, poco talento e perciò poca assuefabilità (la quale si vede), ch’é tutt’uno col talento.
Alcuni di essi, o sieno individui o specie, possono anche avere tutta quella (1771) vivacità, mobilità ec. che anche negli uomini (e molto piú nelle diverse specie di animali, le cui qualità possono ben diversamente combinarsi che non fanno nell’uomo) non hanno a fare col talento e neppure con notabile immaginazione, anzi talvolta (come ne’ fanciulli) sono effetto e segno (o forse anche cagione) della mancanza di queste doti (22 settembre 1821).
* Gli antichi da proposizioni e premesse che conoscevano né piú né meno quanto noi deducevano conseguenze contrarissime a quelle che noi ne tiriamo. Ciò mostra ch’essi non conoscevano i rapporti delle proposizioni, altrimenti non potressimo negare le loro conseguenze. Ma chi ci ha detto che noi li conosciamo meglio? come lo sappiamo noi se non a forza di sillogismi? Giacché qualunque affermazione o negazione ha bisogno di sillogismo, e ciascun sillogismo contiene tanti sillogismi quanti sono i rapporti delle sue proposizioni fra loro. Cioè bisogna che l’uomo si persuada sempre con un sillogismo, benché tacito, che, (1772) se la tal cosa è, anche la tal altra dev’essere. Senza questi sillogismi intermedi nessun sillogismo vale, e siccome questi ordinariamente si omettono o non son giusti, però infiniti sillogismi son falsi, perché non è vero il rapporto che noi, o non sillogizzando punto o falsamente sillogizzando, supponiamo fra la maggiore e la minore, fra queste e la conseguenza.
Qui potrei dimostrare che ogni sillogismo, cioè ogni atto ed ogni nozione della nostra ragione, avendo