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Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/137

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(2243-2244-2245) pensieri 125

pre finita, non è appunto un dolore, una sventura ec. o una fatica, o se l’esser finita non è lo stesso che aver conseguito il suo proprio scopo, esser giunta dove per suo fine mirava ec. Sebbene anche nel caso che a questa ci siamo abituati proviamo ec. Solamente della noia non possiamo dolerci mai che sia finita.

La cagione di questi sentimenti è quell’infinito che contiene in se stesso l’idea di una cosa terminata, cioè al di là di cui non v’é piú nulla; di una cosa terminata per sempre e che non tornerà mai piú (10 dicembre 1821). Vedi p. 2251.


*    In proposito di ciò che ho detto circa la famosa scrofa apparsa ad Enea, vedi la Vita di Virgilio attribuita a Donato, sul principio, dove racconta il miracolo di una verga accaduto alla madre ec. Il che ha rapporto col caso nostro, perché dimostra le superstizioni popolari fondate  (2244) sulla similitudine dei nomi, e come esse solessero credere rappresentato o simboleggiato (relativamente ai presagi, augurii ec.) il tal uomo, la tal cosa dalla tal altra che le rassomigliava nel puro nome, come la troia a Troia, e come parecchi altri esempi si troverebbero negli antichi di augurii ec. tratti da pure combinazioni di nomi. Giacché quella Vita di Virgilio, di chiunque sia e per quanto poca fede meriti, meriterà almeno fede in quanto all’avere semplicemente raccolte le tradizioni popolari e sciocche e mal fondate che correvano, e in quanto al render testimonianza del modo di pensare di que’ tempi, sí in questo soggetto, come ne’ soggetti analoghi (11 dicembre 1821).


*    Alla p. 1563, principio. Il nostro urtare, francese heurter (vedi gli spagnoli; il glossario non ha nulla), viene evidentemente da urgere, alla maniera de’ continuativi, cioè da urtus, suo participio ignoto per se stesso, ma fatto manifesto da  (2245) questo verbo comune a