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202 pensieri (2374-2375)

volgari e del latino-barbaro, cioè all’antico latino, e quindi al latino volgare ch’é il solo mezzo per cui i nostri volgari comunicano colla detta antichissima fonte: e ciò quantunque in ordine a esse parole e frasi non si possa dimostrare, appunto a causa della troppo loro antichità, che conservandole ne’ volgari o greci o latini, le bandí dalle scritture. Come vediamo fra noi molte antichissime parole italiane vivere nella plebe di questa o quella parte d’Italia, e non esser piú ricevute nelle scritture (31 gennaio 1822).


*    Alla p. 2328, fine (cosí l’Alamanni, Coltivaz., lib. VI, vers. 416-7. O se l’ingorde folaghe intra loro Sopra il secco sentier vagando stanno). Ed è ben ragione, perocché il verbo essere è di sua natura in tutte le lingue applicabile a qualsivoglia  (2375) cosa, qualità, azione ec. Ora il verbo stare è sostanzialmente e originariamente continuativo di essere (in latino, in italiano, in ispagnuolo) e partecipa della di lui natura e viene al caso ogni volta che s’ha da significare continuazione o durata di qualunque cosa è. Osservate i latini, osservate Virgilio e vedrete che laddove essi congiungono il verbo stare co’ nomi addiettivi e co’ participii d’altri verbi, esso verbo non tanto significa stare in piedi ec. quanto continuazione o durata di ciò ch’é significato da’ detti nomi o participii. Talia perstabat memorans (En., II, 650), Stabant orantes ec. (En., VI, 313). Mi ricordo anche di altri luoghi di Virgilio dove ciò ch’io dico è anche piú manifesto e l’uso del verbo stare si rassomiglia piú decisamente a quello che noi e gli spagnuoli ne facciamo co’ gerundii. Vedi gl’interpreti e il Forcellini (31 gennaio 1822).


*    Alla p. 980, margine. Questi tali nomi passarono nell’italiano alla desinenza in chia o chio, nello spagnuolo in ja o jo, nel francese in eille o eil o ouille ec., perché prima invece di culus furono pronunziati clus