Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/304

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292 pensieri (2528-2529-2530)

e parimente negarlo. Il che piú vivamente e dirittamente dimostra come non sussiste verità assoluta (29 giugno 1822, dí di San Pietro e mio natalizio).


*   Alla p. 2496, fine. Finché si fa conto de’ piaceri e de’ proprii vantaggi e finché l’uso, il frutto, il risultato della propria vita si stima per qualche cosa e se n’è gelosi, non si prova mai piacere alcuno. Bisogna disprezzare i piaceri, contar per nulla, per cosa di niun momento e indegna di qualunque riguardo e custodia, i proprii vantaggi, quelli della gioventú e se stesso, considerar  (2529) la propria vita, gioventú ec. come già perduta o disperata o inutile, come un capitale da cui non si può piú tirare alcun frutto notabile, come già condannata o alla sofferenza o alla nullità, e metter tutte queste cose a rischio per bagattelle e con poca considerazione e senza mai lasciarsi cogliere dall’irresoluzione, neanche nei negozi piú importanti, nemmeno in quelli che decidono di tutta la vita o di gran parte di essa. In questo solo modo si può godere qualche cosa. Bisogna vivere εικῇ, temere, à l’ hasard, alla ventura (30 giugno 1822). Vedi p. 2555.


*   Alla p. 2521. La conclusione e la somma del discorso si è che in qualunque tempo e in qualunque letteratura è piaciuta una lingua diversa dalla presente nazionale parlata, per bonissima, utilissima e bellissima che questa fosse; e non s’é mai giudicata elegante la scrittura composta delle voci e de’ modi ordinari in quel tempo e correnti  (2530) effettivamente nella nazione, per purissimi che questi fossero. E questa, bench’altre ancora ve n’abbia, è l’una delle principali cagioni per cui non piace e si disapprova e si biasima e riesce inelegante nelle scritture la presente lingua della nostra nazione e si richiama la nostra lingua antica. Con ragione, benché non sia molto ragionevole il richiamarla come pura, ché né essa era