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Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1555

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[p. 229 modifica] umana, se non è calmato da verun piacere vivo affligge la nostra esistenza crudelmente, quando anche non v’abbiano altri mali. E i mali son meno dannosi alla felicità che la noia ec., anzi talvolta utili alla stessa felicità. L’indifferenza non è lo stato dell’uomo; è contrario dirittamente alla sua natura, e quindi alla [p. 230 modifica]sua felicità. Vedi la mia teoria del piacere, applicandola a queste osservazioni, che dimostrano la superiorità del mondo antico sul moderno, in ordine alla felicità, come pure dell’età fanciullesca o giovanile sulla matura (24 agosto 1821).


*    Consideriamo la natura. Qual è quell’età che la natura ha ordinato nell’uomo alla maggior felicità di cui egli è capace? Forse la vecchiezza? cioè quando le facoltà dell’uomo decadono visibilmente; quando egli si appassisce, indebolisce, deperisce? Questa sarebbe una contraddizione, che la felicità, cioè la perfezione dell’essere, dovesse naturalmente trovarsi nel tempo della decadenza e quasi corruzione di detto essere. Dunque la gioventú, cioè il fior dell’età, quando le facoltà dell’uomo sono in pieno vigore ec. ec.