<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2169&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20150206162556</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2169&oldid=-20150206162556
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2169 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 87modifica] che le anime recentemente convertite sogliono patire di scrupoli, e sarebbe anzi mal segno se non ne patissero. Questo durò poco, perché la lingua e letteratura colle cose latine tornò a precipitare indietro ben presto. Ma in quel tempo lo stile di Seneca e altri tali stili filosofici si condannavano altamente dai letteratori latini, come oggi dagli italiani quello di Cesarotti ec.; e ciò serviva d’impaccio e di spauracchio a chi volesse scrivere filosoficamente in latino, come oggi volendo scriver buon italiano, nessuno s’impaccia piú di pensare. Marcaurelio pertanto dové sentire questo pericolo, disperare di poter essere profondo filosofo nella lingua nativa voluta dal suo tempo e senza violare il gusto corrente e dar nel naso ai critici, i quali già lo riprendevano di cattiva e negligente lingua e [p. 88modifica]di licenza dopo ch’egli s’era dato alla filosofia, e dallo studio delle parole a quello delle cose,