<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2237&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20150904141932</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2237&oldid=-20150904141932
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2237 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 121modifica] piú di noi al latino, e nondimeno chi vuol vedere che l’antico volgare latino ed anche gli scrittori piú antichi, usavano di far né piú né meno [p. 122modifica]quel che facciamo noi, osservi il Forcellini in Stinguo (e forse anche in molti altri luoghi), verbo che anche noi anticamente dicemmo per estinguo, e cosí stremo per estremo, sperimento, esperimento, sperto, esperto, spremere da exprimere da cui pure abbiamo esprimere, sclamare da exclamare, onde pure esclamare; e cosí altre tali voci che hanno pur conservata la e, la perdono o a piacer dello scrittore o nei nostri antichi o nella bocca del popolo ec. E forse l’avere gli spagnoli e i francesi la e in tali parole non è tanto conservazione, quanto maggiore e doppia corruzione; vale a dire che, secondo me, essi volgarmente da principio dissero come noi, cioè colla s impura iniziale e poi, per proprietà ed inclinazione de’ loro organi che mal la soffrivano, o a cui riusciva poco dolce ec., v’aggiunsero, non