Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/2900

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[p. 65 modifica] grado della scala, cioè della perfezione comparativamente considerata, come quelli che forse sono per natura i piú disposti a conseguire la propria particolare e relativa felicità, e conservarla. Da questi in poi sempre discendendo, giú giú per gli esseri piú organizzati, sensibili e conformabili, porre nell’ultimo e piú basso grado dell’altra parte della scala l’uomo, come il piú organizzato, sensibile e conformabile degli esseri terrestri.

Discorrendo in questo modo, e raddoppiando o ripiegando cosí la scala, troveremmo che l’uomo è veramente nella estremità non della perfezione (come ci parrebbe se facessimo una scala sola o semplice e retta), ma della imperfezione; e in una estremità piú bassa ancora di quella che è dall’altra parte della scala. Perocché dalla comparativa imperfezione degli esseri posti in quel grado, non ne segue ai medesimi alcuna infelicità laddove all’uomo grandissima.

E veramente io cosí penso. L’uomo non è per natura infelice. La natura non ha posto