Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3031

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[p. 144 modifica] noto che le nazioni piú oppresse, e similmente le classi piú deboli e misere e schiave nella società, sono le meno coraggiose e le piú timide della morte, e le piú sollecite e gelose di quella vita ch’é pur loro un sí gran peso. E quanto piú altri le opprime e rende infelice la vita loro, tanto ne le fa piú studiose. E insomma si può dire che gli antichi vivendo non temevano il morire, e i moderni, non vivendo, lo temono; e che quanto piú la vita dell’uomo è simile alla morte, tanto piú la morte sia temuta e fuggita, quasi ce ne spaventasse quella continua immagine che nella vita medesima ne abbiamo e contempliamo, e quegli effetti, anzi quella parte, che pur vivendo ne sperimentiamo. E viceversa.

Or si applichi quel ch’io dico degli antichi e dei moderni agl’individui giovani e vecchi, in qualunque età delle nazioni e del genere umano, e troverassi proporzionatamente la medesima differenza e di circostanze e di effetti (25 luglio 1823).