<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3555&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20150925113904</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3555&oldid=-20150925113904
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 3555 Giacomo LeopardiXIX secoloZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 25modifica] massime dove non vi fossero leggi sociali che tenessero a freno il naturale egoismo degl’individui, sarebbero tuttogiorno écrasés dagli adulti, le donne dagli uomini, e cosí discorrendo. Laddove anche il selvaggio mirando un fanciullo prova un certo piacere, e quindi un certo amore; e cosí l’uomo civile non ha bisogno delle leggi per contenersi di por le mani addosso a un fanciullo, benché i fanciulli sieno per natura esigenti ed incomodi, ed in quanto sono (altresí per natura) apertissimamente egoisti, offendano l’egoismo degli altri piú che non fanno gli adulti, e quindi siano per questa parte naturalmente odiosissimi (sí a coetanei, sí agli altri). Ma il fanciullo è difeso per se stesso dall’aspetto della sua debolezza, che reca un certo piacere a mirarla, e quindi ispira naturalmente (parlando in genere) un certo amore verso di lui, perché l’amor proprio degli altri trova in lui del piacere. E ciò, non ostante che la stessa sua debolezza, rendendolo assai bisognoso degli altri, sia cagione essa medesima di noia e di pena agli altri che debbono provvedere in qualche modo a’ suoi bisogni, e lo renda per natura molto esigente ec. Similmente discorrasi