Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/808
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facilità e semplicità di metodo, e nel tempo stesso fecondità, anzi infinità di risultati e combinazioni, che deriva dall’uso degli elementi nella scrittura e nell’aritmetica, anzi in tutte le operazioni della vita umana, anzi pure della natura (giacché, secondo i chimici, tutto il mondo e tutti i diversissimi corpi si compongono di un certo tal numero di elementi diversamente combinati, e noi medesimi siamo cosí composti e fatti, anche nell’ordine morale, come ho dimostrato in molti pensieri sulla semplicità del sistema dell’uomo), deriva anche dall’uso degli elementi nella lingua. Al che si ponga mente per giudicarne quanto sia necessario anche oggidí ritenere piú che si possa, e nella nostra e in qualunque lingua, la facoltà de’ nuovi composti; atteso l’immenso numero delle nuove cose bisognose di denominazione (massime nella lingua nostra), numero che ogni giorno necessariamente e naturalmente si accresce, e d’altra parte l’impossibilità della troppa moltiplicità delle radici, sí al fatto o all’invenzione, sí all’uso, intelligenza e diffusione, sí anche alle facoltà della memoria e dell’intelletto umano ed alla chiarezza delle idee che debbono risultare dalla parola, chiarezza quasi incompatibile colle nuove radici (vedi p. 951} e compatibilissima coi nuovi composti; oltre alla mancanza di gusto che deriva dalle nuove radici, le quali sono sempre termini, come ho spiegato altrove; non cosí i composti derivati dalla propria lingua. Lo dico senza dubitare. La lingua piú ricca sarà sempre quella che avrà conservata