Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/918

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[p. 265 modifica] Osservate subito che questa cosa pare ad Arriano maravigliosa e singolare. Poi osservate, che gl’indiani erano liberi, cioè parte avevano monarchie, ma somiglianti a quella primitiva di Roma, ch’era una specie di repubblica, e alle antichissime monarchie greche; parte erano πόλιες αὐτόνομοι, città libere e indipendenti assolutamente (id. ibid., cap. XII, sect. 6 et 5, p. 574). Qual era dunque la cagione di questa singolarità? Sebbene Arriano non l’osserva, ella si trova però in quello ch’egli soggiunge immediatamente. Ed è questo: Νενέμηνται δὲ οἱ πάντες Ἰνδοὶ ἐς ἑπτὰ μάλιστα γενεὰς (Distinguuntur autem Indi omnes in septem potissimum genera hominum. Interpres.), ossia, caste (id. ib. cap. XI, sect. 1, p. 571). La prima de’ sofisti (σοφισταὶ), la seconda degli agricoltori (γεωργοὶ), la terza de’ pastori e bifolchi (νομέες, οι ποιμένες τε καὶ βουκόλοι), la quarta opificum et negotiatorum (δημιουργικόν τε καὶ καπηλικὸν γένος), la [p. 266 modifica]quinta dei militari (οἱ πολεμισταὶ), i quali non avevano che a far la guerra quando bisognava, pensando gli altri a fornirli di armi, mantenerli, pagarli tanto in tempo di guerra che di pace e prestar loro tutti quanti gli uffizi castrensi, come custodire i cavalli, condurre gli elefanti, nettare le armi, fornire e guidare i cocchi, sicché non restava loro che le pure funzioni guerriere; la sesta episcoporum sive inquisitorum (οι ἐπίσκοποι καλεόμενοι), specie d’ispettori di polizia, i quali non potevano